La direttiva dai mille lacci e lacciuoli

6 Maggio 2007

Dopo mesi di attesa è stata emanata dalla Funzione Pubblica la direttiva n. 7/2007, riguardante l’applicazione dei commi 519, 520, 529 e 940 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per l’anno 2007) in materia di stabilizzazione e proroga dei contratti a tempo determinato, nonché di riserve in favore di soggetti con incarichi di collaborazione.
Senza mezzi termini chiariamo subito che la direttiva ci piace ancora meno della bozza di circolare.
La Funzione Pubblica ha, infatti, ignorando completamente le prese di posizione della CISL Università e della FLC CGIL a favore del riconoscimento alle Università del diritto ad accedere ai fondi previsti dal comma 519, confermato anche nella direttiva la loro esclusione, giustificandola sulla base del regime di “svincolo dal blocco delle assunzioni” che le caratterizza e che comporterebbe, pertanto, necessariamente la loro impossibilità di accedere a fondi, quali quelli previsti dal comma 519, costituiti da una quota (20%) del “fondo per le assunzioni in deroga”.
Riteniamo che tutta questa costruzione sia un arzigogolo interpretativo che mal cela una volontà precisa del DFP di precludere alle cosiddette “amministrazioni non espressamente richiamate nel comma 519”, tra cui rientrano le Università, l’accesso a fondi che, seppur originariamente finalizzati al finanziamento delle assunzioni in deroga effettuate dalle amministrazioni soggette al blocco, in base al comma 519, avente valenza prettamente finanziaria, sono stati destinati ad un nuovo e ben preciso scopo: la stabilizzazione del personale pubblico non dirigenziale in possesso del requisito dei tre anni di servizio, senza distinzioni tra amministrazioni vincolate al blocco ed amministrazioni svincolate.
La direttiva è, inoltre, deludente poichè non impone in maniera chiara e cogente alle amministrazioni non soggette al blocco l’obbligo, entro precisi limiti temporali, di adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 519 in termini di requisiti e modalità di assunzione, lasciando loro la possibilità di procedervi “tenendo conto delle relative peculiarità e nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio e delle specifiche disposizioni in materia di assunzioni e di tetti di spesa”.
La sua contraddittorietà è, poi, evidente nel momento in cui, pur riconoscendo al comma 519, in quanto finalizzato a sanare situazioni di uso patologico delle forme flessibili di lavoro, natura derogatoria rispetto alle normali procedure di assunzione, afferma comunque la necessità di inquadrarne l’applicazione nel sistema delle norme vigenti in materia, prescrivendo alle Università:
– di procedere alla stabilizzazione del proprio personale “nell’ambito e nei limiti delle programmazioni di cui al c. 105 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nel rispetto delle procedure e dei vincoli ivi previsti”;
– di accertare “la vacanza in organico rispetto alla qualifica da assumere, la quale dovrà risultare dalla dotazione organica vigente e dalla programmazione del fabbisogno appositamente aggiornata a norma dell’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, anche tenuto conto dei processi di riorganizzazione in corso in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 1, commi da 404 a 416, e da 440 a 445 della legge n. 296 del 2006”.
Inaccettabile, infine, la concessione alle amministrazioni della possibilità di prevedere, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e regolamentare, “ulteriori titoli, anche riferiti all’esperienza professionale in possesso, al fine di predisporre le graduatorie per la trasformazione” del rapporto di lavoro.
Tale concessione avrà infatti conseguenze negative facilmente immaginabili: mancanza di uniformità tra le amministrazioni nell’attuazione delle procedure di stabilizzazione e “personalizzazione” dei bandi di stabilizzazione.

Per tutte queste considerazioni riteniamo assolutamente insoddisfacente la direttiva e rivolgiamo un appello ai precari tecnico-amministrativi di tutte le Università italiane a mobilitarsi con iniziative di protesta, sia a livello locale in tutti gli Atenei che a livello nazionale, affinchè tanto le amministrazioni universitarie quanto il Governo ed in primis il Dipartimento della Funzione Pubblica prendano atto della necessità di invertire decisamente la rotta, facendosi da subito e concretamente parte attiva di un processo di reale stabilizzazione dei precari, a partire dal tempestivo adeguamento, da parte delle amministrazioni universitarie, dei propri regolamenti al fine di consentire, nelle more delle procedure di stabilizzazione, l’immediata operatività delle proroghe.